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IL PRIMO PROVINO di Enrico Andreis
Di mauro (del 21/01/2007 @ 02:43:29, in Tutorial, linkato 1504 volte)
pronti? VIAAAAAAAAAAAAAAA
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Inseriamo finalmente questo nostro sudatissimo negativo nell’ingranditore, regoliamo le eventuali mascherine del portanegativi ed accendiamo la luce dell’apparecchio. Subito un consiglio anche se si tratta di spendere qualche soldino: è utilissimo avere un timer elettronico che si occupa del tempo di posa spegnendo automaticamente l’ingranditore, perché quello vuol dire avere entrambe le mani libere per poter gestire le bruciature - mascherature (che vedremo in seguito). L’obiettivo ci proietta a questo punto l’immagine sul piano di stampa, meglio se corredata di un buon marginatore (se ne trovano di usati a pochi euro o nuovi da 50 euro in su e se ne prendete uno 30x40 fate una spesa definitiva); a proposito del piano di stampa (o piano del marginatore) questi strumenti di solito (chissà perché) sono “di serie” bianchi, e spesso addirittura lucidi, mentre invece dovrebbe essere l’esatto contrario e cioè nero opaco; ma perché nero? Perché la carta è trasparente e la luce la attraversa, quindi se la carta appoggia su una superficie bianca, può venire ri-attraversata dalla riflessione che fa questa superficie, velandola; quindi come abbiamo foderato col cartone nero opaco le pareti adiacenti all’ingranditore, facciamo lo stesso con la sua base; per controllare invece l’inquadratura e la messa a fuoco del negativo, sistemeremo sul piano un foglio di carta bianca di giusta dimensione che toglieremo dopo le regolazioni per far posto al foglio di carta sensibile (dopo le prime stampe sbagliate avremo a disposizione il dorso di una “vera fotografia” per questo…).
Allora, obiettivo alla massima apertura di diaframma (andrà poi diaframmato di 2/3 valori quando impressioneremo la carta, per portarlo al suo massimo rendimento, negli obiettivi da stampa la tutta apertura è solo per rendere agevole il controllo della messa a fuoco, non è mai un diaframma di lavoro), facciamo scorrere la testa dell’ingranditore sulla colonna fino a raggiungere l’ingrandimento desiderato e attraverso le apposite manopole, rendiamo nitida l’immagine negativa sul nostro bel foglio bianco; se avete ancora qualche soldino che avanza, spendetelo per un focometro, è uno strumento ottico simile ad un microscopio che, ingrandendo una piccolissima porzione dell’immagine (si vede distintamente la grana della pellicola), rende agevole la messa a fuoco.
Bella l’immagine proiettata sul piano, vero? Sembra già una foto….peccato che sia negativa, ma soprattutto virtuale! Chissà adesso per quanto tempo devo esporre la carta per avere dei valori giusti dopo sviluppata? Ok è tempo di fare un provino; ipotizziamo che abbiamo scelto un formato 24x30 e vediamo come procedere (il 24x30 è una dimensione già relativamente godibile che però non comporta ancora le difficoltà di una grande stampa come può essere un 30x40 o superiore) . Dunque togliamo dal piano del marginatore il foglio bianco che ci è servito per mettere a fuoco e, con il fascio di luce dell’obiettivo schermato dal filtro rosso, posizioniamo un ritaglio di carta sensibile di dimensione 13x18 in una zona di particolare interesse (in un ritratto potremmo scegliere la zona occhi naso bocca ad esempio); spegniamo la luce dell’ingranditore, togliamo di mezzo il filtro rosso, chiudiamo il diaframma all’apertura di lavoro e facciamo una prima esposizione di qualche secondo (diciamo 4? Ok vada per 4), poi copriamo per tre quarti il nostro foglietto con un cartone nero e diamo altri 4 secondi, spostiamo il cartone fino a scoprire metà foglio e via altri 4 secondi, spostiamo ulteriormente lasciando scoperta solo una quarta parte e ancora 4 secondi; a questo punto, abbiamo un foglio di carta fotografica che ha ricevuto, a fette, una esposizione di 4,8,12 e 16 secondi; sviluppiamo a fondo (vuol dire tenerlo a bagno nel rivelatore nuovo almeno 2 minuti) arrestiamo e fissiamo. Ora si può accendere la luce bianca in camera oscura (attenti a non lasciare aperto il pacco di carta!) e guardiamo cosa è venuto fuori. Ci troviamo in mano un foglio con 4 strisce che vanno dal chiaro allo scuro, con una di queste che ha (si spera) una gamma di valori giusta, che fa riferimento per la stampa finale? Bene! Se così non fosse, e cioè se anche la fetta che ha ricevuto la maggior esposizione è ancora troppo chiara o viceversa il provino è composto solo da zone che vanno dallo scuro al nero pieno, significa che dovremo rifare tutto usando come partenza i dati acquisiti, quindi diminuire o aumentare i tempi delle quattro esposizioni, chiudere ulteriormente il diaframma dell’obiettivo oppure (negli ingranditori che lo permettono) agire sul comando di variazione luminosa. Facciamo l’ipotesi che sia andato già bene la prima volta e 12 secondi rappresentino l’esposizione ottimale per la zona presa in esame, non ci resta che esporre per quel tempo il nostro prezioso foglio di carta sensibile ed otterremo la nostra prima fatidica sudata stampa, con una esposizione relativamente giusta, che ci può già dare un minimo di soddisfazione, ma…non è affatto perfetta, dato che se è pur vero che nella zona del viso (stiamo facendo ancora riferimento al ritratto preso ad esempio) i valori sono giusti, la camicetta bianca del nostro soggetto (bella ragazza…è ovvio….) è bianca senza dettagli e lo sfondo dietro a lei, un fitto bosco in ombra, è invece nero senza dettagli. Come rimediare? Sarà l’argomento della prossima chiacchierata: “mascherature, bruciature e dulcis in fundo grado di contrasto”



Enrico Andreis
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Articolo tratto da Liberi Fotografi telemetrici
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