Odio e fotografia

 

Dio quante cose odio nella fotografia, odio quasi tutto, odio la serialita’ mi sembra una scorciatoia ricca di seghe mentali, odio il mezzo quando diventa un fine, come la polaroid o le tecniche antiche o la stampa stessa. Ci si crogiola nel mezzo, spesso inseguendo mode, senza piu’ avere immagini che abbiano un senso di per se stesse o che siamo davvero, spesso, immagini. Tutto questo si enfatizza in circoli chiusi e autoreferenziali dove basta prendere in mano un determinato strumento per sentirsi bravi, di nicchia e per avere un proprio pubblico. Cazzo la stampa soprattutto se BARITATA, poi a volte diventa in quest’epoca digitale seppure di merda motivo di sfoggio di orgoglio e superiorità. Odio chi si lamenta a priori, sentire dire che palle chi va li’ o o a quell’evento la’ e saremo sommersi da migliaia di foto tutte uguali e uguali agli anni passati come se tutto non fosse già’ stato fotografato, e non sia il singolo capace di innalzarsi e in grado di trovare ovunque l’occasione di emergere. E’ vero siamo sommersi di immagini, immagini tendenzialmente di merda, instagram flickr tutti i social ci sommergono, ma la colpa di queste foto non e’ l’evento o il viaggio delle vacanze e’ nostra che ci stiamo dentro, che per un motivo o un altro seguiamo mille persone di cui non ce ne frega un cazzo se non per avere il nostro misero pubblico quando pubblichiamo la nostra di merda, come rinunciare a seguire qualcuno che ama il nostro stesso brand che usa le nostre stesse tecniche che ci dice bravo a ogni scoreggia e poi pero’ ci si lamenta delle mille foto tutte uguali. Odio chi e’ monotematico, e non rischia mai fuori dal suo orto, odio chi fa nudo e dice che ha un progetto, odio quasi tutti quelli che dicono che hanno un progetto, come se potesse essere un progetto uscire per comprare il giornale la mattina, odio chi vive sui social e lo chiama lavoro, cazzo quanto odio, quasi superiore a quello che provo riguardando le mie foto. Io provo a mia volta, e’ vero, varie tecniche e mi spavento ogni volta che prendono il sopravvento, mi odio quando scatto per l’effetto della macchina che funziona solo con quel tipo di inquadratura, perché so che ho smesso di essere io a fotografare e mi sto prostituendo allo strumento. Odio quasi tutti quelli che parlano di fotografia, e quindi anche me stesso adesso , soprattutto se non sanno un cazzo, se non hanno cultura, se non quella costruita con le povere gallerie web, e sono purtroppo almeno il 90% e sono buono. 

Odio così tanto la fotografia e i fotografi che seguo molte persone dilettanti, molte persone che lavorano sui selfie su se stesse, con un candore e un’originalita’ che mi sbalordisce.

Io credo che la fotografia non sia nella tecnica usata, io credo nell’imperfezione come per i maestri ceramisti giapponesi, credo nell’errore, credo nell’intruso che si nasconde dietro il soggetto, credo che la vita si nasconda li in quei dettagli solo apparentemente sbagliati, come la tazza da te rotta e riparata con un filo d’oro. Credo che la fotografia non sia l’autocelebrazione di cui sopra della propria sega mentale della propria serialita in cui ci si e’ ricavati la propria confort zone, della tecnica che ci fa sentire superiori, la fotografia e’ trovare un istante di grazia e di bellezza nella realta, sia che si fotografino i soliti busker o dei poveretti di colore chiamandoli migranti che va cosi’ di moda adesso, tanto da essere il trend d’eccellenza per i novelli fotografi addirittura cosi’ trend da aver fatto scomparire il solito lavoro sui campi rom.

La fotografia e’ l’istante irripetibile e’ quando tu fotografo ti sei allineato con le tue emozioni e quando sei cosi’ accordato che il mondo si piega svelandoti il suo mistero e domandoti un istante di grazia che puoi catturare. Per me la base resta la fotografia classica 35mm o digitale nello stesso formato, tutte le altre tecniche le uso per arricchire un discorse a volte, quando riesco, ma non hanno la capacità di reggersi se non diventando solo uno stile di bella calligrafia. Mentre la fusione di diversi strumenti crea una rottura nel discorso, permette di usare lo strumento giusto per quell’occasione e solo per quella.

Io credo che la fotografia debba partire dal 35nn davvero, o se vogliamo diciamo dal 3/2 in formato digitale, che un fotografo debba avere occhi per vedere il mondo, non solo quando a tavolino studia la nuova foto simile alle altre 100 che ha gia’ fatto per non deludere il proprio pubblico, per la prossima mostra o per la propria paura

La Fotografia ed il Sesso

La fotografia ha molti molti punti in comune con il sesso. Possiamo vederne le varie fasi passo passo e la provi di tutto cio’ sara’ evidente a chiunque.

Per prima cosa diciamo che quando non si fotografa da un po’ l’esigenza fisica porta all’analogo fotografico della masturbazione, che nello specifico e’ cominciare a cercare ossessivamente di comperare nuove borse, obiettivi, corpi macchina, compatte, davvero qualsiasi cosa diventa importantissimo e sembra essere l’unico vero vincolo che ci impedisce di proseguire verso la strada maestra della fotografia. Un’altra possibilita’ e’ che ci si metta a scrivere di fotografia come in questo caso dove per altro potrei segnalare quando sia bella mi sembri davvero necessario sostituire la mia domke f5 che e’ strappata in varie parti ed e’ la borsa che uso di piu’ con una nuova f5 di tessuto ruggedwear, che e’ davvero bellissima, come per altro anche una f2 color militare sarebbe quasi necessaria.. per no parlare di aggiornare un po’ la mia attrezzatura magari con una x-pro2 che resta per adesso un sogno..va beh sorvoliamo e continuiamo con le similitudini.

Le chiacchiere da Bar, ci sono quelli che si vantano di mille cose, ma sai che non hanno mai concluso nulla, quelli che si vantano e purtroppo sai che e’ sempre tutto vero e resti a chiederti come mai ci siano persone cosi’ al mondo, quelli che lasciano intendere e da gentiluomini preferiscono non “scendere nei dettagli”.

Ci sono quelli che vanno in meta con il loro fisico da scalatori come Alberto Bregani e quelli che ci vanno con la loro parlantina e con il saper sempre far ridere come Luca Rubbi, quelli che si lamentano sempre e sperano nell’istinto materno che a quanto pare non e’ cosi’ diffuso.

Quando poi arriviamo al dunque, al concretizzarsi dell’atto, sia fatto per amore sia occasionale, abbiamo lo stesso entusiasmo, la stessa adrernalina, anche se, come spesso accade c’e’ anche e sempre quel pizzico di delusione, si sarebbe potuto fare qualche cosa di piu’, potevano essere i preliminari, poteva essere quella cosa che ti aspettavi e non e’ accaduta o non e’ durata abbastanza, o quell’altra a cui non ha acconsentito. Insomma la perfezione e’ sempre da un altra parte, nei libri forse, ma difficilmente nella realta’ dove le cose hanno sempre bisogno di qualche compromesso per accettarle. E cosi’ ci sforziamo ogni volta di piu’ o ci lasciamo trascinare per vedere come va, nel mare ondoso della vita. Pero’ abbiamo concluso e non c’e’ paragone con l’analogo del sesso a pagamento, il famigerato model sharing, abbiamo prodotto qualcosa, schizzato sulla carta una perte di noi, umida e appiccicosa.

E quando quei fogli in fila assumono l’aspetto di qualcosa, sorgono le responsabilita’, l’impegno che spesso puo’ portare alla fuga, e che comunque non durera’. Prima o poi dobbiamo chiudere, e lo sappiamo, ci rendiamo improvvisamente conto che lo sappiamo già da tempo, e quando ci decidiamo a lasciarlo volare con le sue ali una spossatezza che impedisce qualsiasi movimento ci prende, non riusciamo nemmeno più a pensare alla fotografia, pensiamo che non lo faremo piu’, che avevamo tutto e l’abbiamo perso, continuiamo a pensare a cosa potevamo fare in modo diverso, cosa potevamo cambiare.. e poi, alla fine ci ricaschiamo sempre, sara’ diverso, sara diversa, sara’ un’altra cosa, ma il brivido, il brivido quello sara’ sempre ineguagliabile.

Igor Posner – Past Perfect

il tutto si riassume a una semplice domanda, vi piace Michael Ackerman? Se la risposta e’ si non potrete che apprezzare questo lavoro sviluppato da Igor Posner a San Pietroburgo dal 2006 al 2009.

Non ci sono segreti, le foto le trovate quasi tutte sul sito ufficiale con un titolo leggermente differente, questo il link

http://igorposner.net/petersburg/on_second_thoughts.html

Forse troppo simile, forse troppo ispirato a M.A. senza una propria ispirata originalità’ o percorso? beh qui il terreno si fa complicato e minato, in discorso che sara’ meglio sviluppare separatamente, pero’ a mio parere e’ in ogni caso un lavoro sincero, e i libri di Ackermann scarseggiano sugli scaffali, quindi perché’ no.

A me e’ piaciuto.

Past Perfect Book Cover Past Perfect
Igor Posner

Joel-Peter Witkin – enfer ou ciel

Se qui c’e’ anche il paradiso non saprei ma sicuramente c’e’ una discesa nell’inferno, completa monografia dell’autore, a cui vengono affiancate anche opere classiche per indicarne il percorso artistico, Per chi non lo conosce utilizza arti e corpi presi in camera mortuaria per creare still life, persone menomate o deformi, una visione onirica e narrativa della fotografia che ne interpreta i lati piu’ oscuri. Come non amarlo, un grande della fotografia che per le sue tematiche e processi vive relegato in un angolo della storia della fotografia e che non tutti conoscono. Si trova a buon prezzo..

Joel-Peter Witkin: enfer ou ciel Book Cover Joel-Peter Witkin: enfer ou ciel
Anne Biroleau, Joel-Peter Witkin, Bibliothèque nationale de France,
Erotic prints
Editions de la Martinière
2012
239

Choosing his subjects among people on the fringes of society or indulging in extreme practices, Joel-Peter Witkin rises above the anecdotal and the spectacular.

Il fotografo e’ un fingitore

Quante volte desideri bruciare tutte le tue foto, quante volto ti senti impotente, senti il peso dell’inutilita’ di quello che hai fatto. Non fatichi per il risultato non ti impegni, scatti quando puoi, quando il tempo te lo concede, quando hai voglia. Normalmente quando puoi scegliere se dormire o metterti in cammino scegli di dormire tra le mura calde, in fin dei conti ci sono cose da sistemare, cose da lavare, piatti da cucinare. Non c’e’ indagine, non c’e’ introspezione, non c’e’ studio, solo l’umore, il gioco di sentirsi fotografo, in uno scatto che non ha nessun valore se non la ricerca estetica o il scimmiottare stilemi gia’ visti da qualche parte, e quindi che senso ha tutto, cosa cambierebbe per il mondo abbandonando tutto, certamente niente e forse niente anche per me, anzi magari evitando di buttare soldi in cosi tante attrezzature e ammennicoli potrei godermi di piu’ la vita che invece vivo cosi’ spesso con insoddisfazione con i limiti che mi impone e che non so infrangere.Il rischio maggiore, in questi casi, non avendo altri appigli di committenza, o di ricerca e’ sentirsi artisti e magari vendere una foto sbagliata venuta assolutamente per caso come una tua nuova grande immagine una tua grande idea o innovazione, mentre dentro di te sai che se non avessi sbagliato qualche cosa, che nemmeno sai quella foto non ci sarebbe mai stata, che non e’ tua piu’ di quanto sia tuo un tramonto.

E allora? Allora cosa sei? Solo un normale fragile essere umano che cerca di avere un qualche rispetto anche a scanso della verita’ in fin dei conti e’ una verita’ che nessuno verra’ mai a sapere, certo non un artista, nemmeno un fotografo, e quando guardi le tue foto, continui a sperare di avere il coraggio prima o poi di eliminarle tutte.

La Fotografia e’ una puttana con il culo largo, e’ la donna segretemente amata che non potra’ mai essere tua…

Spesso mi capita di chiedermi cosa sia la fotografia per me, che ovviamente non sono un professionista. Sicuramente non e’ semplicemente un passatempo, ma definirlo non e’ mai semplice, soprattutto cercando di mettere in fila i pensieri ed organizzarlo per iscritto. Ecco credo che una definizione di fotografia possa essere questa: La fotografia e’ una puttana con il culo largo, la fotografia e’ la donna segretamente amata che non potra’ mai essere tua, ecco come la vedo. Non e’ la quiete familiare, non e’ la vita che vivi quotidianamente, ma l’angoscia e il disagio che ti fa arrivare alla sua porta, dove nessuno ti vede, dove la vedi con quei pantaloni bianchi stretti e attillati ai fianchi che ne mostrano gia’ i segni di un po’ di cellulite, dove la vedi non bella secondo i canoni, ma senti subito il calore di quegli occhi e le movenze feline sapendo quanto possono essere forti quelle gambe nello stringerti e facendoti sognare.

E’ la vita in un istante, quell’istante in cui se paghi con la tua anima, puo’ farti sentire il suo uomo, in quel breve momento e solo in quello il solo… e se non pensi ci credi, per quel breve 1/125 di secondo.

La fotografia e’ disagio, e’ insofferenza della propria esistenza, e’ ricerca di altro, di capire, di sentirsi se stessi in un modo che non e’ possibile nei giorni che viviamo, ed e’ la delusione, il ritorno alla realta’ quando, dopo quel breve istante, quando ancora sudati ci rivestiamo, con il suo odore ancora addosso, che ci accompagnerà per qualche ora, mentre scendiamo le scale e usciamo dal portone che gia’ iniziamo a capire, che non siamo gli unici, e soprattutto che non siamo noi che contiamo, ma solo uno come gli altri, eppure, quella gioia, quel ricordo ci fara’ ritornare con la mente, a volte a illuderci a volte a ossessionarci.

Ecco questa’ e’ la fotografia, l’illusione di essere bravi per un secondo di essere artisti, reporter o Fotografi, e poi il resto del tempo, desiderando bruciare e distruggere tutto quanto e’ stato fatto negli anni, tutti i negativi tutte le poche stampe per la loro insipidezza, per la loro inutilita’ e bruttezza, per la mancanza di senso, per non avere nemmeno mai avuto il coraggio di difendere quella montagna di celluloide per farne qualche cosa, per uscire dal limbo dell’essere solo un amatore. Ecco, pero’ .. in quel momento, magari sfogliando un libro, di quelli bravi che ce l’hanno fatta.. sentiamo ancora il ricordo del suo odore sulla pelle, del sudore, del caldo e umido abbraccio del desiderio, e non possiamo credere che fosse solo finzione, il solito orgasmo simulato per soddisfare l’ennesimo cliente, ma pensiamo, “con me e’ diverso” e allora mettiamo le scarpe, e torniamo per quei vicoli, a cercarla. Un’altra volta. E un’altra volta ancora..

Giappone

Lo Sviluppo del Negativo

Distendi la sacca nera con la sua forma a T, la apri e disponi tutto quello che serve al suo interno. Ogni  cosa ha il suo posto, preciso per ritrovarlo al buio senza problemi, la tank a sinistra, le spirali a destra, le forbici al centro in alto e poco sotto i rullini. Poi chiudi tutto, infili le mani in quell’universo oscuro. Io riavvolgo sempre completamente i rullini e ho sempre lottato con quegli strani oggetti venduti per facilitare l’estrazione della pellicola che mi mettono in comunione con tutti i santi nominandoli uno ad uno tutti nell’inutile tentativo di estrarre qualsiasi cosa, quindi non li usi, e apro il primo rullo a mani nude sentendomi un po’ Rambo nel primo film. E poi iniza, inizia l’arte di avvolgere il rullo nella spirale, mi sono cadute varie volte, quindi mi capita spesso che si inceppi qualche cosa, tutte le operazioni nella sacca le devi fare non con gli occhi o con la mente, ma con il tatto e con il cuore, e’ cosi’ diverso da qualsiasi altra cosa che fai oggi giorno, e questo fa parte delle magia, soprattuto devi evitare di innervosirti, se le mani cominciano a sudare diventa un’impresa impossibile, il negativo non trovera’ mai la strada e piu’ tentativi fai piu’ corri il rischio di rigarlo. ma in genere va tutto bene, almeno fino a luglio od agosto, quando, abitando in un appartamento senza aria condizionata arriva il momento in cui ti rendi conto che quello sara’ l’ultimo prima dei giorni piu’ miti di settembre.

Chiudi tutto togli le mani e apri la sacca, sempre meglio riporla subito e inizia la ricerca dei 20 gradi miscelando piano piano l’acqua del rubinetto un po’ avanti ed un po’ indietro. Amo il termometro lungo a mercurio, ci vuole tempo, ma alla fine tutto e’ perfetto, il rodianal di qualche settimana sta gia’ diventando rosso scuro e quando lo misceli con l’acqua sembra di annacquare del vino.

Versi tutto rapidamente e cominci i ribaltamenti, la prima volta trenta poi 1, 2, 3,4, 5 contando lentamente ogni minuto per i 7, 15, 30 minuti che servono a completare l’operazione. In quei 55 secondi che ti separano da un’agitazione all’altra sei solo, e allora pensi, pensi a quello che hai scattato, a quello che non hai scattato, a quello che non ricordi, alla speranza che ci sia qualche cosa di buono, a non aver sbagliato la messa a fuoco proprio su quella foto. E’ come una preghiera lenta, un rosario, non puoi piu’ cambiare niente, solo avere fede o sperare. Poi fissi, qui hai piu’ tempo, il climax scende, ormai manca poco. Imbibente e finalmente apri la tank, a meno di grossolani errori che si fanno (tipo sviluppo troppo scaduto) a questo punto sbirciando con il cuore che batte puoi vedere se lo sviluppo e’ andato bene. Lasci scivolare via la schiuma, passando la mano sul filo dell’acqua, quasi accarezzandola.

Appenderli e’ il momento magico, l’eterno stupore dello sviluppo, dove vedi quello che ricordavi e finalmente quello che avevi dimenticato dove le speranze si infrangono dove alcuni sogni cominciano a farti battere il cuore in attesa di poter davvero vedere in ogni dettaglio quell’immagine.

Io non faccio piu’ esperimenti di sviluppi o altro, so che ci sono accoppiate migliori e ci saranno sempre, mi concentro sul rito, e su quel risultato ormai acquisito che va bene per le mie foto, senza acrobazie, e permettendomi di avere una resa negli anni omogenea, non tanti singoli esperimenti bellissimi ma che navigano come isole che non possono toccarsi. Questo e’ il mio personale tutorial sullo sviluppo per tutti voi.